
Orbene, qualche lettore si è quasi risentito a causa della mia opinione circa la Chiesa di Roma, i cui vertici sono, a mio parere, una setta luciferina coinvolta in tutte le operazioni più nefande dall’assassinio della filosofa e scienziata alessandrina Ipazia, in poi. Ipazia, colpevole di aver promosso una libera coesistenza tra pagani, ebrei e “cristiani” nella città di Alessandria, fu scorticata viva per mezzo di conchiglie da alcuni fanatici istigati dal vescovo Cirillo. Qualcuno obietterà: una volta i “cristiani” erano intolleranti, oggi non più. Beata ingenuità! Bisognerebbe guardarsi da questi lupi travestiti da agnelli: l’altro giorno Benedetto XVI ha tenuto un discorso a Verona. Avete notato la scenografia? Il drappo rosso della tribuna abbinato al nero del fondo su cui aleggia un grottesco crocifisso-ectoplasma alle spalle del pontefice. Coincidenze? Può darsi. In ogni caso, ammettiamo pure per assurdo che la Chiesa di Roma sia solo un’istituzione decrepita di poltroni e di tedeschi lurchi: non merita una condanna dantesca? Cardinali e vescovi hanno mai speso una parola per stigmatizzare le leggi liberticide statunitensi, britanniche ed italiane o l’uso di armi ad energia diretta in Iraq o la dissennata politica dei governi che creano disoccupazione od il signoraggio bancario? No. Mai. I prelati si occupano solo di coppie di fatto, di scuole cattoliche, di aborto e di eutanasia. Nel migliore dei casi, sono sepolcri imbiancati.
Ammettiamo pure che costoro siano degli ignavi, dei pusillanimi, timorosi di contrastare i poteri forti: meritano di essere disapprovati, poiché “a Dio spiacenti ed a’ nemici sui”. Hanno mai levato la voce contro le ingiustizie e le soperchierie dei potenti? Il vescovo Romero, un’eccezione che conferma la regola, fu ucciso per essersi pronunciato contro i soprusi delle corrotte classi dirigenti e dei loro “bravi”: quando il futuro santo, Giovanni Paolo II, si recò in El Salvador in visita pastorale, alcuni fedeli gli chiesero che cosa pensasse dell’uccisione del porporato. Il papa, con la sensibilità di un agente della Gestapo, rispose: “Che cosa si aspettava, dopo aver pronunciato quelle parole?”
Che cosa ci possiamo aspettare noi da gente che santifica carnefici come Pavlevic, il croato distintosi nei massacri di ebrei, ortodossi e musulmani, canonizzato da lui, sì da lui, da Giovanni Paolo II, il papa più amato dagli Italiani (non solo), credenti ed atei. Le ipotesi sono due: o il papa polacco era completamente babbeo ed all’oscuro dei trascorsi un po’ discutibili di Pavelic o sapeva che presto un demone sarebbe, motu proprio, di sua iniziativa, stato elevato agli onori degli altari. Quale ipotesi vi sembra più plausibile?
Andando a sbirciare qualcosa su Ipazia sono rimasto affascinato dalla sua figura, riporto qualche pezzo trovato facilmente con google:
RispondiEliminaIpazia grande studiosa di matematica dunque, ma, ed è questo l'aspetto più significativo, anche insegnante: "Introdusse molti alle scienze matematiche" ci dice Filostorgio, e numerose altre testimonianze ci attestano addirittura di sue opere autografe, purtroppo però ora scomparse. Pare comunque che una delle discipline in cui Ipazia seppe distinguersi di più fosse l'astronomia. Ancora Filostorgio e poi Suda, ci informano di interessanti scoperte compiute dalla donna a proposito del moto degli astri, scoperte che ella rese accessibili ai suoi contemporanei con un testo, intitolato Canone astronomico. Ma Ipazia fu anche filosofa molto apprezzata: Socrate Scolatico parla di lei come della terza caposcuola del Platonismo, dopo Platone e Plotino. Damascio ci spiega come seppe passare dalla semplice erudizione alla sapienza filosofica.
Come, a ragione, nota Gemma Beretta (Ipazia d'Alessandria, Editori Riuniti) è nel terzo verso che si concentra tutto il senso dell'attività di Ipazia: "Verso il cielo è rivolto ogni tuo atto", ad indicare da un lato l'amore per l'astronomia, dall'altro la tensione filosofica. Così prosegue la Beretta:
"Quando tracciava una nuova mappa del cielo, Ipazia stava indicando una traiettoria nuova - e insieme antichissima - per mezzo della quale gli uomini e le donne del suo tempo potessero imparare ad orientarsi sulla terra e dalla terra al cielo e dal cielo alla terra senza soluzione di continuità e senza bisogno della mediazione del potere ecclesiastico [...]. Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé (l'intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell'aritmetica che, tenute l'una insieme all'altra, costituivano l'inflessibile canone di verità".
I meriti di Ipazia furono molti. Secondo Socrate Scolastico e Damascio, con Ipazia si era finalmente realizzata nel mondo la mitica "politeia" in cui erano i filosofi a decidere le sorti della città. Ipazia fece ritornare ad Alessandria la filosofia. Il pensiero platonico però, assunse con lei una configurazione nuova: in particolare, secondo Socrate Scolastico, Ipazia non apparteneva alla schiera di quei filosofi che "spiegano le opere di Platone e di Plotino". Ella "ereditò la scuola platonica che era stata riportata in vita da Plotino, e spiegava tutte le scienze filosofiche a coloro che lo desideravano". Ipazia affiancava, dice Beretta, "ad un insegnamento esoterico un insegnamento pubblico, simile a quello dei sofisti moralizzatori del I secolo". Caratteristica di Ipazia fu dunque la generosità con cui tramandava il suo sapere a quanti stavano attorno a lei. Ella non riservava la conoscenza per sé e per pochi eletti, ma con estrema liberalità la dispensava agli altri. Damascio riferisce, in base alle testimonianze ottenute, che "la donna, gettatosi addosso il mantello e facendo le sue uscite in mezzo alla città, spiegava pubblicamente, a chiunque volesse ascoltarla, Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altri filosofo". Ipazia era molto amata per questo dal popolo e ciò le conferiva una grande autorità. Così scrive Socrate Scolastico: "A causa della sua straordinaria saggezza tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale". Fa eco Damascio: "Poiché tale era la natura di Ipazia, era cioè pronta e dialettica nei discorsi, accorta e politica nelle azioni, il resto della città a buon diritto la amava e la ossequiava grandemente e i capi, ogni volta che si prendevano carico delle questioni pubbliche, erano soliti recarsi prima da lei". Non solo il popolo dunque la venerava, ma anche molte delle autorità della cittadine.
Con la morte di Ipazia, si potè considerare distrutta una delle più esemplari comunità scientifiche di ogni epoca. Quello che è strano però, è che nessuno, poi, si sia proclamato suo allievo. Nessuno filosofo si dichiarò suo erede. Probabilmente, ipotizza la Beretta, i motivi vanno ricercati nel fatto che Cirillo, considerato dalle fonti principali il responsabile del suo assassinio, "detenne la carica di vescovo della città per i successivi 29 anni (egli, infatti, morì nel 444), nel corso dei quali divenne l'episcopo più potente e temuto di tutto l'impero d'Oriente". Ma perché Cirillo odiava tanto Ipazia? Certo, l'invidia (phthonos) per la considerazione e la notorietà che questa donna aveva raggiunto nella sua città giocò un ruolo notevole. Ma le cause del rancore del vescovo di Alessandria contro la nostra filosofa hanno una radice ben più politica e religiosa. Nel 391 dopo Cristo, Teodosio aveva proclamato il Cristianesimo religione di stato. Nel 392 fu promulgata anche una legge speciale contro i culti pagani. I cattolici dell'impero romano d'oriente potevano contare quindi sul pieno appoggio del potere temporale, dopo anni passati a professare la loro fede nei recessi delle catacombe. Evidentemente alcuni cristiani, fortunatamente pochi, potendo finalmente divulgare in modo aperto il loro credo, ripagarono i pagani dei torti subiti con altra violenza. Cirillo addirittura arrivò ad arruolare dei monaci, torme di uomini, spesso analfabeti, "che vagavano di città in città", scrive Silvia Ronchey nel saggio Ipazia, l'intellettuale, che fa parte del citato Roma al femminile "pieni d'odio sociale non solo contro i pagani ma contro il mondo civile in genere". "Sono costoro", ha scritto Evelyne Patlagen, "che spingono l'impassibilità ascetica alla sovversione". Suida non esita a definirli "esseri abominevoli, vere bestie". Il clima sociale di Alessandria d'Egitto era dunque, a cavallo fra quarto e quinto secolo, molto instabile. La comunità cristiana era la più forte e teneva a far valere questo suo potere. Cirillo rappresentava il massimo del potere ecclesiastico, ma Ipazia era il fulcro della cultura, occupando la prestigiosa cattedra di filosofia: "Dopo la morte di suo padre ne aveva ereditato l'insegnamento," annota la Ronchey "ed era un insegnamento estremamente illustre, poiché derivava dal grande neoplatonico Plotino. Le successioni dei professori di filosofia venivano registrate in città come la successione dei vescovi". Ma il vescovo cristiano doveva avere il monopolio della 'parrhesia' (libertà di parola e di azione; ndr)" ha scritto Peter Brown, proponendo, per quanto riguarda Ipazia, un sillogismo molto chiaro: "Se nella fase di passaggio dal paganesimo al cristianesimo i compiti del filosofo e del vescovo vengono a sovrapporsi, che cosa fa il vescovo, se non eliminare il filosofo?". La Ronchey non si accontenta di questa spiegazione e va oltre: "Gli elementi in conflitto non sono tanto paganesimo e cristianesimo, quanto le classi dirigenti (locale e romana), le categorie sociali (antica aristocrazia, nuova "burocrazia" ecclesiale), i bellicosi gruppi etnici, nel clima d'instabilità che caratterizza il passaggio dei poteri e l'instaurarsi del cristianesimo nella vita e nelle strutture cittadine del tardo impero romano".
Il contesto storico in cui l’avvenimento ebbe luogo è il periodo in cui il cristianesimo effettuò una mutazione genetica, cessando di essere perseguitato con l’editto di Costantino nel 313, diventando religione di stato con l’editto di Teodosio nel 380, e iniziando a sua volta a perseguitare nel 392, quando furono distrutti i templi greci e bruciati i libri «pagani».
Gli avvenimenti ad Alessandria precipitarono a partire dal 412, quando divenne patriarca il fondamentalista Cirillo. In soli tre anni il predicatore della religione dell’amore riuscì a fomentare l’odio contro gli ebrei, costringendoli all’esilio. Servendosi di un braccio armato costituito da monaci combattenti sparse il terrore nella città e arrivò a ferire il governatore Oreste. Ma la sua vera vittima sacrificale fu Ipazia, il personaggio culturale più noto della città.
Figlia di Teone, rettore dell’università di Alessandria e famoso matematico egli stesso, Ipazia e suo padre sono passati alla storia scientifica per i loro commenti ai classici greci: si devono a loro le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto che presero la via dell’Oriente durante i secoli, e tornarono in Occidente in traduzione araba, dopo un millennio di rimozione.
In un mondo che ancora oggi è quasi esclusivamente maschile, Ipazia viene ricordata come la prima matematica della storia: l’analogo di Saffo per la poesia, o Aspasia per la filosofia. Anzi, fu la sola matematica per più di un millennio: per trovarne altre, da Maria Agnesi a Sophie Germain, bisognerà attendere il Settecento. Ma Ipazia fu anche l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, oltre che la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica.
Le sue opere sono andate perdute, ma alcune copie sono state ritrovate nel Quattrocento; per ironia della sorte, nella Biblioteca Vaticana cioè in casa dei suoi sicari. Le uniche notizie di prima mano su di lei ci vengono dalle lettere di Sirenio di Cirene: l’allievo prediletto che, dopo averla chiamata «madre, sorella, maestra e benefattrice», tradì il suo insegnamento e passò al nemico, diventando vescovo di Tolemaide.
Ciao Iolao, utilissimo il tuo contributo per il quale ti ringrazio. Aggiungo solo che Ipazia è considerata l'inventrice dell'astrolabio e Cirillo fu canonizzato: un altro santo all'inferno. Ad Ipazia è stato dedicato pure recentemente un romanzo storico.
RispondiEliminaCiao
E allora - aggiungo io - che dire del fatto che lo stesso Giovanni Paolo II abbia elevato alla porpora cardinalizia il vescovo Marcinkus subito dopo i torbidi intrighi che portarono a morte Giovanni Paolo I e al crack del Banco Ambrosiano?
RispondiEliminaLo storico David Yallop nel suo classico ' In nome di Dio' additò senza mezzi termini Paul Marcinkus come uno dei mandanti responsabili dell'omicidio di Papa Luciani.
Ma si sa: la gente ha la memoria corta e si accontenta di emozioni epidermiche donde l'isterica ammirazione per una figura quantomeno discutibile quale fu il Papa polacco.
L'Alighieri si mangiò il fegato per tutta la vita allo spettacolo indegno della corruzione della Chiesa medievale e quindi, caro Zret, a distanza di tanto tempo ti trovi idealmente in sua compagnia. Ma credo non convenga nemmeno più stupirsi ed arrabbiarsi di fronte a tanto scempio. Ti lamenti del fatto che mai una voce di protesta si sia levata dai chiericuti per condannare i crimini politico-bellici del tempo presente. Ma ti risulta che qualcuno in seno ad essa si sia mai preoccupato di condannare i lager nazisti e stalinisti, il bombardamento di Dresda, le bombe atomiche sul Giappone ormai allo stremo, gli orrendi massacri operati dagli Americani in Viet Nam e così via?
La risposta la conosci.
Fatto sta che, secondo me, le gerarchie cattoliche sentono avvicinarsi inesorabilmente la fine, una fine violenta e ignominiosa e pertanto annaspano, balbettano, si dimenano nella speranza che non sia così. Ma il tempo inesorabile fa giustizia di ogni forma esteriore, nulla resiste al suo impeto inesorabile. Nemmeno le tradizioni religiose e spirituali resistono ad esso.
Il Cristianesimo è una religione misterica nata nel periodo ellenistico e miracolosamente giunta ai tempi nostri.Non si sa bene quale fosse la sua forma iniziale e come sia stata fondata Il problema delle sue vere origini è uno dei grandi misteri insoluti dell'indagine storica. Ma come recita un aforisma stoico: ' Omnia aucta senescunt et vetera occidunt'. E' ormai questione di tempo, di poco o pochissimo tempo e di tale religione non rimarrà nulla nonostante i molti momenti di effettiva grandezza da essa vissuti e la sua presunzione di essere eterna, inattaccabile, indisttruttibile anche nella sua forma esteriore.
Ciao, Paolo
Ciao paolo. Sottoscrivo in toto il contenuto del Tuo efficacissimo intervento.
RispondiEliminaCiao Paolo, come sempre illuminante e profondo il tuo commento. Sì, mi sento in compagnia di Dante, che tra l'altro era in contatto con l'ebreo Emanuel Romano e conoscitore della cultura araba. Un eretico che appariva ortodoso. Su Dante ho intenzione di scrivere un articolo che è la continuazione di Dante e il veltro celeste.
RispondiEliminaCiao e grazie.
P.s. Hai un bellisimo stile: sei uno scrittore? Un romanziere?
Ciao Zret,
RispondiEliminasono capitato nel tuo blog e sto dando un'occhiata qua e la. Ho letto il tuo ultimo post sulle tre fiere. Premetto che non condivido il tuo pensiero anticlericale (spero che non ti offenda), anche se capisco benissimo tutte le argomentazioni riguardanti la mafia e la corruzione presente nella Chiesa. Purtroppo la Chiesa è sempre stata corrotta perché il male appunto serpeggia dove c'è più bisogno (per lui) di disgregazione. Io la metterei su questo piano: è vero la Chiesa è un covo di delinquenti (talvolta), ma rimane pur sempre l'espressione tangibile del progetto di Cristo, quello cioé di fondare la Chiesa (Pietro su questa pietra io fondo la mia chiesa). Basti pensare poi al mandato che ha rilasciato ai suoi discepoli per diramare appunto la sua dottrina. Pertanto credo che la Chiesa in se stessa, come progetto del Cristo, trascenda il male degli uomini e che sia invece (anche se non viene espressa) la ferma e decisa volontà di far conoscere al mondo l'amore del Padre. Passami a trovare!
- Luca
Si è vero credi anch'io che al cristianesimo sia rimasto ben poco ma dobbiamo stare tutti sull'attenti c'è già il sostituto del cristianesimo:la psicologia.quindi?mah Se la verità non viene fuori in qualche modo in scala mondiale le persone non dubiteranno mai,non si faranno mai domande,le anime non si sveglieranno0 mai e allora stiamo punto e a capo
RispondiEliminaCiao Luca, il discorso è lungo. L'ho affrontato in Tautoteologi.Ti ringrazio per il tuo commento, anche se da studi miei ed altrui si evince che la Chiesa fu fondata da Paolo e non da Cristo. In ogni caso, rispetto tutte le idee e penso con Simmaco che si possa giunger allo stesso segreto per vie diverse. Ciao. Verrò a trovarti.
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