Fra i tratti che rivelano la decadenza dei nostri tempi annovereremmo la prolissità. Gli scrittori non sanno più esprimersi in modo conciso ed efficace: le recensioni di libri e pellicole cinematografiche sono ampollose ed inconcludenti, mero sfoggio di patinata erudizione; i locutori sproloquiano, ripetendo luoghi comuni con insopportabile monotonia.
Per prolissità non intendiamo solo la lunghezza spropositata di testi che potrebbero essere più incisivi, se fossero più stringati, ma ci riferiamo pure al modo ridondante e fangoso con cui si esprimono oggi quasi tutti. Si pensi a quegli spazi di reti “sociali” dove si possono scrivere solo scarni messaggi: si potrebbe fare di necessità virtù, ossia si potrebbe concentrare in un enunciato aforistico la densità del pensiero, invece notiamo che quasi tutti gli utenti si affannano ad eliminare articoli e preposizioni articolate per accorciare il testo; ne risultano enunciati monchi e balbettanti.
La brevitas può essere una sfida: è un limite che, come tutti i limiti, è suscettibile di diventare un’opportunità. Essa costringe a snellire il discorso, ad imperniare l’idea, a reperire il vocabolo acconcio per rendere il concetto. L’essenzialità sprona anche a valorizzare il testo attraverso un fulmen in clausula, un suggello inatteso e folgorante.
Il modo peggiore per trasmettere delle conoscenze è diluirle in lezioni pedanti e specialistiche: si mette a dura prova la pazienza dei destinatari, spinti nel labirinto di una terminologia per pochi iniziati, nel dedalo di rimandi che rinviano ad altri rimandi.
“Rem tene, verba sequentur” ci ammonisce Catone il Censore, cioè “Conosci l’argomento, le parole verranno spontanee”. Purtroppo oggi pochissimi conoscono l’argomento ed un numero ancora inferiore conosce i vocaboli per lumeggiare il tema. Alla “comunicazione” attuale mancano il pensiero, l’elocuzione appropriata ed i riferimenti veritieri. Così una frasetta pur nella sua piccolezza risulta verbosa, perché incatramata di poche parole, tutte vuote e logore.
Per prolissità non intendiamo solo la lunghezza spropositata di testi che potrebbero essere più incisivi, se fossero più stringati, ma ci riferiamo pure al modo ridondante e fangoso con cui si esprimono oggi quasi tutti. Si pensi a quegli spazi di reti “sociali” dove si possono scrivere solo scarni messaggi: si potrebbe fare di necessità virtù, ossia si potrebbe concentrare in un enunciato aforistico la densità del pensiero, invece notiamo che quasi tutti gli utenti si affannano ad eliminare articoli e preposizioni articolate per accorciare il testo; ne risultano enunciati monchi e balbettanti.
La brevitas può essere una sfida: è un limite che, come tutti i limiti, è suscettibile di diventare un’opportunità. Essa costringe a snellire il discorso, ad imperniare l’idea, a reperire il vocabolo acconcio per rendere il concetto. L’essenzialità sprona anche a valorizzare il testo attraverso un fulmen in clausula, un suggello inatteso e folgorante.
Il modo peggiore per trasmettere delle conoscenze è diluirle in lezioni pedanti e specialistiche: si mette a dura prova la pazienza dei destinatari, spinti nel labirinto di una terminologia per pochi iniziati, nel dedalo di rimandi che rinviano ad altri rimandi.
“Rem tene, verba sequentur” ci ammonisce Catone il Censore, cioè “Conosci l’argomento, le parole verranno spontanee”. Purtroppo oggi pochissimi conoscono l’argomento ed un numero ancora inferiore conosce i vocaboli per lumeggiare il tema. Alla “comunicazione” attuale mancano il pensiero, l’elocuzione appropriata ed i riferimenti veritieri. Così una frasetta pur nella sua piccolezza risulta verbosa, perché incatramata di poche parole, tutte vuote e logore.
Vietata la riproduzione - Tutti i diritti riservati
Utili riflessioni Zret. Il supporto digitale, in questo, aiuta parecchio in quanto costringe alla condensazione. Affascinanti però le prolissità quasi musicali di Ariosto oppure le rimembranze ossessive di alcuni russi. Da segnalare poi, non me ne vorrà, utilizzo l'ironia, le frasi a labirinto chiuso (direi quasi inestricabile) del nostro acuto amico Ranella! Ciao
RispondiEliminaLo stile di Giovanni è unico, inimitabile, un dedalo in cui è bello perdersi.
EliminaCiao