Devo confessare che, ogni qual volta pubblico un articolo che esula dai problemi che stanno stritolando il pianeta, avverto un senso di disagio. Come è possibile disquisire su nuove scoperte archeologiche o delibare pagine di letteratura (eppure gli addentellati con la realtà non mancano, ma sono visibili in controluce e solo dai lettori più scaltriti), quando si addensano nere e minacciose nubi all'orizzonte? Possiamo dimenticare quanto è accaduto in Abruzzo dove un terremoto probabilmente artificiale è stato il modo per sperimentare la militarizzazione di una comunità? La "Protezione civile" pare stia agendo, in qualche caso, come l'infame F.E.M.A., l'istituzione che gestisce le emergenze negli Stati Uniti. Gli operatori della F.E.M.A., non di rado, invece di soccorrere i cittadini colpiti da calamità "naturali", perpetrano delitti ed abusi, un po' come i monatti nei Promessi sposi che commettevano ogni scelleratezza e turpitudine, pur essendo preposti a compiere mansioni per arginare il contagio.
E' probabile che nel 2012 sarà scatenata una falsa tempesta solare per imporre il Nuovo ordine mondiale, con il pretesto del caos (ex chaos ordo) provocato dall'interruzione dell'erogazione di energia elettrica e di acqua, con il conseguente tracollo di servizi ed approvvigionamenti? Sarà, invece, sfruttato un disastro naturale per conseguire i medesimi spregevoli scopi? Pare comunque che L'Aquila sia stata e sia il laboratorio dove si esperimenta il controllo sociale con il pretesto di un intervento umanitario. L'Aquila rischia di diventare un po' lager un po' campo di concentramento statunitense.
Possiamo poi dimenticare che ormai da anni viviamo sotto una cappa chimica? Basta anche solo sbirciare un attimo fuori dalla finestra per vedere sfregi che non sono solo deturpazioni, ma pozioni velenose, all'origine di malattie che colpiscono tutte le fasce d'età. Non possiamo dimenticare che, mentre qualcuno compulsa polverosi incunaboli nel silenzio di una biblioteca, lassù qualcuno ci ama a tal punto da creare sempre nuove armi per colpire la popolazione in modo tanto letale quanto subdolo.
Delle guerre, delle carneficine, della deliberata distruzione della biosfera (presto diverrà una tanatosfera), delle élites fraudolente, dei satanisti al potere, delle carestie, delle torture, dei vaccini e dei farmaci dannosi, della miseria, dell'informazione stuprata, della casta medica che occulta da decenni le terapie antitumorali e di mille altre perversità mondiali e mondialiste taccio, giacché, se non sono note, presto lo saranno.
Non è, però, possibile dimenticare dove viviamo: in un inferno dipinto dalle pubblicità televisive come un paradiso di celluloide. Senza dubbio divulgare non è risolutivo: poco giova, sebbene richieda immani sacrifici ed abnegazione. Accademico poi individuare i responsabili di questo scempio. In verità sappiamo chi sono, ma è una verità incredibile. Quindi meglio non insistere tanto nel rivelarla: è preferibile semmai centellinarla e mescolarla a qualche notizia più gradevole e confortante (non ne mancano, se si guarda oltre...): "Così a l'egro fanciul porgiamo aspersi di soavi licor gli orli del vaso: succhi amari ingannato intanto ei beve e, dall'inganno suo, vita riceve".
Alla fine, consci del disegno ineluttabile, resta in queste tenebre fitte ed accecanti, la luce della testimonianza.
L'esigenza della felicità è insopprimibile: la si intenda non come triviale edonismo, ma come piacere intellettuale, risultato della queste, coscienza di un senso oltre il confine delle cose, apertura fiduciosa verso la vita rinnovellata. "Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lama..." scrive Eugenio Montale in una celebre lirica. La felicità è la gioia di unincontro il cui silenzio è sostanziato di intesa, di consonanza spirituale, ma subito s'insinua la consapevolezza di quanto sia precario questo istante più fragile del cristallo. Veramente si cammina come funamboli con l'abbraccio del cielo sopra e le fauci dell'abisso sotto.
Il paradosso della felicità è nella sua esistenza inesistente: infatti solo quando il tempo si annulla, siamo felici, ma se il tempo è annichilito, non siamo più consci della felicità. Così, in verità, pare che sia più realista quella scuola del Buddhismo che vede nell'estinzione (Nirvana), il vero fine, laddove la beatitudine prospettata dal Buddhismo Mahayana e da altre religioni sembra un oceano senza onde, indistinguibile da un firmamento privo di nubi: un concetto amorfo, un suono senza vibrazione.
Davvero la felicità, rara alchimia, interruzione del flusso ordinario, baluginante ed improvvisa illuminazione, illumina il mondo. Non è un'impressione: lo scenario che ci circonda si accende di bagliori simili a quelli che sprizzano tra le nuvole diradatesi subito dopo un temporale. Gli oggetti sono lucidi, le ombre roride, i contorni delicati nel loro disegno armonioso e preciso.
La felicità è oblio, è una lenta immersione nel consolante sonno del dolore, quando le memorie tormentose e gli echi pungenti dell'esistenza si stemperano, si liquefanno nel placido lago della notte. Che importa? E' accaduto quel che è accaduto.
La felicità, però, è soprattutto risveglio: affine ad un'alba immemore, aurora su un altro pianeta, dove il passato è solo un ricordo senza ombre né strascichi. Destatici dell'ipnosi che ci imprigionava i sensi e che ottenebrava la mente, vediamo per la prima volta: i veli delle tenebre si sono dissolti, i demoniprecipitano nell'inferno. Ora sulle montagne si librano liberi i cirri, scorrono i ruscelli verso valle, sentieri acquei, tra le cale brillano screziature rosee.
La felicità è uno squarcio nello spesso tessuto dello spazio-tempo, una breccia nella "realtà".
Pubblico la traduzione di un testo tratto dal quotidiano Pravda.ru. Valgono, per quanto concerne questa scoperta archeologica, le osservazioni formulate come preambolo all’articolo Una colonia di Atlantide nel Nord Europa? Dunque rimando a quella premessa.
Il Presidente Putin ha recentemente visitato uno dei più misteriosi siti della Terra, le rovine dell'antica città di Arkaim, situata presso la città di Chelyabinsk. Storici, archeologi ed ufologi hanno impiegato molti anni per cercare di scoprire i segreti della città. Quale popolazione visse ad Arkaim più di 40 secoli or sono? Come potè quell'antica gente compiere progressi tecnologici che paiono ancor oggi difficili da conseguire? Vadim Chernobrovy è recentemente tornato nella misteriosa regione. Egli ha individuato strani cerchi nel centro della valle che dovrebbe risalire ai tempi dell'antico Egitto. [...]
Gennady Zdanovich, capo della spedizione archeologica sostiene che Arkaim rappresenta una delle più antiche testimonianze della cultura indoeuropea, in particolar modo il ramo che è riferito agli Arii. Arkaim non era solo una città, ma anche un complesso templare ed un osservatorio astronomico.
"Un volo sopra Arkaim a bordo di un elicottero ti offre uno spettacolo mozzafiato. Gli enormi circoli concentrici della valle sono chiaramente visibili. La città e la periferia sono tutti compresi nei cerchi. Non sappiamo che cosa siano queste costruzioni, se furono costruiti per scopi difensivi, scientifici o rituali. Alcuni ricercatori affermano che erano usati come spazioporto”, ha affermato Zdanovich.
Gli studiosi hanno scoperto che l'antica città era dotata di un sistema di stoccaggio per le sementi contro eventuali allagamenti. Le persone erano protette anche contro gli incendi: i pavimenti di legno e le case stesse era imbevute di una sostanza ignifuga. [...]
Ogni abitazione era dotata di tutti gli agi: avevano forni e dispense per il cibo. Il pozzo si diramava in due trincee sotterranee che erano usate per portare aria fresca al forno ed alla dispensa. [...]
La piazza centrale di Arkaim era l'unico sito di forma quadrata della città. Esaminando le tracce dei focolari, che erano disposti secondo un ordine preciso, si può arguire che il luogo era usato per rituali.
Arkaim fu costruita secondo un piano urbanistico molto articolato e con un preciso orientamento astronomico. Mentre gli archeologi stanno meticolosamente spazzolando via la polvere dalle antiche rocce per ricreare lo stile di vita di Arkaim, gli ufologi studiano misteriosi fenomeni: inesplicabili fluttuazioni del voltaggio, del campo magnetico, della temperatura etc.
"Avventura deserta" è un racconto di Massimo Bontempelli (Como, 1878- Roma, 1960). Tratto dalla raccolta "Miracoli", l'autore nel breve testo narra un'avventura prodigiosa. Il protagonista attraversa il deserto, allorquando scorge in lontananza un leone "dall'aria tranquilla e malinconica". Dopo alcuni minuti, l'io narrante si imbatte in un angelo: Era molto più alto di me: bellissimo e dritto, con le ali grandi piegate lungo il corpo e tutta la persona raggiava. Scambiate poche parole con la creatura, i due procedono verso il leone. L'angelo ed il felino, camminando l'uno a fianco dell'altro, parlano per lunga pezza. Dopodichè, mentre il leone si allontana, l'angelo sorride, apre le grandi ali, si solleva e, lasciando una scia lunga d'azzurro nell'aria, sparisce nel cielo. Il protagonista, infine, la cui "anima è piena di luce e di malinconia", si ritrova solo nel deserto.
E' questa l'esile trama di una storia che non racconta, di un miracolo pieno di meraviglia. Bontempelli descrive un'avventura magica, affidando l'evocazione del soprannaturale ai simboli, preziosi scrigni di sogni. Sono emblemi un po' prevedibili, ma avvivati dalla sapiente prosa del narratore che lumeggia con tocchi delicati ed eleganti lo spazio, le figure e le atmosfere sospese.
Così è dipinto il luogo in cui è ambientata la vicenda: “Tutta la superficie del piano era fasciata d'una vertigine luminosa, lo spazio fino al cielo era immoto rovente. La terra era una sterminata vegetazione di tremolii lucidi... Lentamente quella lucidità fluida, sotto l'afa sabbiosa dell'aria, si dissolveva ai miei occhi in una vivida nebbia di diamante". La riflessione è specchiata nelle seguenti parole: "Io non ho mai saputo che cosa il leone del deserto e l'arcangelo del cielo dicessero di me; non ho mai avuto curiosità di indovinarlo e nemmeno l'avevo in quel punto. Io non pensavo nulla, tra le solitudini ardenti del cielo e della terra, mentre lo sterminato mi circondava da ogni parte e le diafane vampe dell'aria e della sabbia mi avviluppavano".
Lo stile adamantino contrasta con l'indeterminatezza, il movimento centrifugo dei significati: il leone, che, per la solenne regalità, ricorda i quadri rinascimentali in cui è effigiato S. Girolamo nel suo studio, e l'arcangelo non sono personaggi, ma presenze. Paradossalmente il deserto da luogo della solitudine eremitica e del silenzio, diviene la dimensione dell'incontro con esseri di altre realtà. Il vuoto abbacinante si riempie della luce infinita che si scheggia, in miriadi di faville, dal diamante della Natura. Viene in mente la differenza che intercorre in inglese tra "loneliness" e "solitude": "loneliness" è l'isolamento, una condizione subìta e tormentosa di abbandono, di rescissione dal senso, dagli altri dal Sé; "solitude" è il quieto ritiro, la distanza dall'inautenticità, l'oasi del silenzio tramato di echi immateriali. L'avventura del protagonista è propiziata dal suo cammino solitario tra i colli di arena. Nella sua enigmaticità, il racconto di Bontempelli lascia intendere che non tutto può essere compreso (il dialogo fitto tra il leone e l'angelo di cui il protagonista non conosce il contenuto né vuole indovinarlo). Il mistero della propria anima è sacro sicché è bene che non si cerchi di accedere, se non si è puri, nei penetrali del Tempio.
Ancora Bontempelli immagina un'epifania che è uno strappo nel velo opaco delle cose: è evento rarissimo di cui ci pare a volte di intravedere l'ombra trasparente dietro il sipario dei fenomeni. Di solito accade quando camminiamo (prodigi ed intuizioni si donano all'uomo che è in cammino anche in senso letterale; Nietzsche l'aveva capito): allora per un istante avvertiamo che altri esseri camminano con noi, solleciti e silenziosi. Dissolto quell'istante, durante il quale avevamo rallentato un po' l'andatura, poiché sfiorati da un soffio di ali, studiamo il passo, ma il cuore è pervaso della luce malinconica del crepuscolo.
Che cos'è oggi più anacronistico della politica? La politica, come attività che ha per fine la felicità dei cittadini (Aristotele), è defunta da secoli, forse da millenni. Eppure assistiamo non solo alle solite maratone elettorali, che con la politica non sono neanche lontanamente imparentate, ma anche alle decisioni di cittadini la cui ingenuità è pari soltanto al machiavellismo della nomenclatura di partito che li strumentalizza e li sfrutta, per convincere gli elettori più recalcitranti e disgustati a "fare il proprio dovere", ossia recarsi alle urne. Così, soprattutto in occasione di tornate amministrative, alcuni donchisciotte si candidano magari in qualche lista civica, illudendosi di poter difendere i diritti di qulche categoria vilipesa o di promuovere in paio di iniziative utili per la collettività. Infinito candore!
Se si condurranno delle battaglie per la raccolta differenziata o per la creazione di parchi giochi per i bimbi, finita la legislatura, si porterà a casa, nella migliore delle ipotesi, uno scivolo tra le erbacce e la vaga promessa che sarà riciclato il 2 per cento della carta. Non di più. Orbene, ammesso che non si venga fagocitati o corrotti dal sistema, si potrà agire come un indigeno armato di fionda contro soldati che usano mitragliatrici.
In verità, esisterebbe un modo non per scalfire un potere granitico e perverso, ma almeno per provocare un ideale corto circuito: bisognerebbe dimostrare il coraggio di denunciare, anche a livello locale, problemi come i vaccini pericolosi, il signoraggioe le scie chimiche. D'altronde sciolti questi nodi, si troverebbero le risorse ed il mordente per aggredire tutte le altre questioni. Chi, però, dimostra il coraggio di esibire le contraddizioni del potere e la sua natura intimamente malvagia per distruggerlo dall'interno, per scalzare le radici che allignano in un terreno infernale? No. Ci si balocca con obiettivi angusti e campanilistici, per quanto lodevoli (qualche fondo destinato ai soggiorni termali per i pensionati, la strada interpoderale da asfaltare, dei buoni pasto per le famiglie dei bimbi accolti negli asili comunali, una pista ciclabile, un impianto sportivo per i giovani…), mentre le persone continuano ad ammalarsi ed a morire per le antenne, gli inceneritori, le irrorazioni, le centrali nucleari, mentre la disoccupazione e la crisi economica attanagliano i sopravvissuti. Questa è demagogia: si accontentano alcune “corporazioni” con donativi una tantum o gli edonisti con l'organizzazione di qualche demenziale notte bianca e les jeux sont faits. Intanto i criminali piani delle immonde élites procedono senza intoppi, nella beata incoscienza dell'uomo medio. Neanche Caligola era così incline a blandire la plebe in modo tanto dolciastro e la plebe di Roma non era sprovveduta come la massa odierna.
Mancano un disegno complessivo, una visione prospettica e di ampio respiro: tutto si raggrinzisce in azioni e discorsi da condomini. Meglio allora innaffiare i gerani del proprio terrazzo o ritirarsi in un eremo in attesa che questo ordine basato sull’ingiustizia e sulla violenza di stato imploda o crolli sotto il suo stesso peso. Meglio non illudersi di poter incidere su una realtà immodificabile. Si potranno svelare verità inconfessabili, se si sarà intrepidi e noncuranti del giudizio della marmaglia. Viviamo, però, in un’epoca di vigliacchi e di inetti. Un banditore delle verità scomode sarebbe guardato come un pazzo, un visionario. Eppure, pur nella consapevolezza di quanto sia inefficace oggi la vera azione politica, è doveroso almeno tentare di svegliare qualche coscienza sopita. E’ forse possibile raggiungere la massa critica, ma non cianciando delle fioriere da collocare ai bordi delle strade, piuttosto denunciando le questioni scottanti. Se non vi si riuscirà, rimane la testimonianza: questa che viviamo è un'età per testimoniare la decadenza, la fine, la morte. Il sistema non può essere riformato: deve essere solo trasceso e negato in modo definitivo. Bisogna additarne coram populo il volto inteschiato e le membra sfatte, putride, mefitiche.
Meritano un encomio quei pochissimi uomini politici(a loro si addice una parola tanto nobile quanto stuprata nel suo vero significato) che, affrontando il dileggio e le minacce dei guardiani del sistema, hanno portato alla luce con intemerata risolutezza la questione chemtrails nelle sedi istituzionali. Che poi si riesca o no a fermare gli avvelenatori, è ininfluente sotto il profilo etico: la virtus è premio a sé stessa.
Se non si possiedono queste doti o se si preferisce non agire, allora, piuttosto che candidarsi in una lista civica, è molto più onorevole vivere appartati e sdegnosi come un seguace della scuola cinica.
P.S. Questo testo è stato inviato al Direttore di Sanremonews, ma crediamo che non verrà pubblicato.
A volte accade che gli eventi della mattina, già nelle prime ore del pomeriggio, paiono persi in un'abissale distanza. Chi eravamo solo poco tempo fa? Dove? Sembra che gli istanti siano risucchiati in un vortice spaventoso. In certi momenti, è come se la coscienza, alleggerita del peso dell’identità, si sfaldasse, come se l'io si dilatasse ad accogliere frammenti di universi e soffi di Luce.
La fiamma di un sogno ci lambisce, rischiarando dimensioni ulteriori. Ci accorgiamo che l'esistenza ordinaria è stretta nella corazza della logica, di una percezione bidimensionale, della caduta fatale nella vecchiezza e nella morte.
Intravisti certi orizzonti, non si possono più dimenticare, anche se sembrano dissolversi tra le nebbie dell'oblio. Uno scatto secco della chiave nella serratura e la porta si dischiude. In visioni ipnagogiche, mentre continua ad echeggiare un'insensata frase piena di sensi ignoti, si scivola in wormholes interiori: così un altro universo si squaderna, dove il tempo non esiste più e l'illusione si scioglie.
Come in certi sogni in cui vediamo allineati tanti usci che ci separano da eden edinferni, non sappiamo quale sia il varco da oltrepassare per accedere all'infinito. L'anima è un'orbita cui si intersecano meteore di possibilità, comete di inimmaginabili immagini. Viviamo in limine e lo stridore è quello dei mondi che collidono. Nessuna conquista è indolore, nessuna verità quieta.
L'abisso può essere un vertiginoso precipizio, ma anche una corrente ascensionale.
Kung fu Tzu affermava: "Non mi dolgo di non essere conosciuto dagli uomini, ma di non conoscerli". Anche se l'umanità resta, con le sue paradossali contraddizioni un mistero, percorrendo le vie del mondo e della vita, si può acquisire una certa conoscenza dell'homo "sapiens", sebbene per serendipità, ci si imbatta sovente in esseri che degli uomini hanno solo le sembianze. E' comunque molto istruttivo. Osservate da una giusta distanza, in modo spassionato ed obiettivo, queste personae (letteralmente "maschere") sono altrettante occasioni per scoprire curiosi, faceti aspetti della società. Come si può apprendere qualcosa anche dai pessimi libri, così l'analisi di certi schemi comportamentali, per contrasto, lascia risaltare la spiritualità che, nonostante la decadenza dell'umana specie, ancora si irradia dagli occhi di alcuni.
Applicando, anche se in maniera alquanto semplificata e divulgativa, certi strumenti psicologici, si può delineare un ritratto di una genia che, in questi ultimi anni, ha invaso la Rete. Mi riferisco ai disinformatori.
La maggior parte dei disinformatori non è tanto gente trista, ma infantile. Si noti questo tratto che li accomuna: per dirla con Freud, essi si sono fissati nella fase dominata dal principio del piacere, essendo incapaci di maturare quelle esperienze, pur dolorose e decisive, che consentono di interiorizzare il principio di realtà. Assomigliano a quegli scimpanzè cui, essendo stata sottratta la madre dai ricercatori nell'ambito dei loro stolidi esperimenti, abbracciano un peluche. La fissazione ad uno stadio puerile li induce ad aggrapparsi al sistema-mamma da cui suggere il latte, ricevere conforto e protezione di fronte ad un mondo sentito come ostile e pericoloso. Il latte che avidamente bevono è velenoso ed il senso di sicurezza coincide con la paura non solo di crescere, ma addirittura di aprire gli occhi: sono questi aspetti in grado di causare ulteriori problemi, ma pure la dimostrazione che, in tali circostanze, l'infanzia è una patologia senza rimedio.
Senza dubbio questa immaturità di fondo è peculiare anche del suddito medio-basso, sempre bisognoso di un'istituzione o di un "politico" che lo rassicuri, lo difenda da pericoli reali o fittizi, di una figura cui delegare ogni atto, iniziativa, decisione. Inoltre, giacché i disinformatori ed i cittadini standard sono inetti e paurosi, diventa necessario che si uniscano ad altri: nella massa il timore si diluisce e subentra una mentalità da branco. Se sono tutti insieme, uniti, in modo gregario più che cameratesco, in un vincolo di cieca fedeltà al capo ed al sistema, di cui il capo è l'incarnazione, sono aggressivi, determinati, implacabili, audaci. Soli, invece, privati degli inputs del cane alfa, si sbandano, arretrano tremebondi, ammutoliscono. Vorrebbero sparire: il cordone ombelicale è stato troncato.
La psicologia della massa, studiata con tenacia da Elias Canetti e da altri, rende conto della categoria dei disinformatori nei quali i più bassi istinti sono vellicati dal potere in cui, come la plebaglia acefala, si identificano. A differenza del popolino, però, conscio di aver ceduto le sue armi decisionali alle isitituzioni affinché lo rappresenti e rappresenti i suoi "interessi" (è la frode della "democrazia" rappresentativa; si legga l'articolo indicato nella nota 2), i disinformatori si illudono di appartenere essi stessi al potere, di poterne condividere almeno qualche scampolo. Il loro senso di appartenenza si rafforza in un'immedesimazione negli scopi delle élites di cui pochissimo conoscono e tutto credono di sapere.
Anche nel caso in cui questa sottospecie acquisisce un briciolo di consapevolezza, sottentra subito, come forma estrema di autoinganno e di rifiuto di una realtà inaccettabile, la sindrome di Stoccolma, l'innamoramento per i propri carnefici, il sostegno incondizionato alle loro scelleratezze quanto più sono dirette contro loro stessi, con manifestazioni patologiche sconfinanti nel masochismo.
Non mancano farneticazioni di onnipotenza in chi si sente investito del ruolo messianico di salvare il mondo dalla minaccia degli uomini liberi e non allineati. Costoro sono combattutti a suon di luoghi comuni ripetuti in modo ossessivo. Gli spiriti liberi sono accusati di ogni nefandezza, diffamati e calunniati: ciò è risaputo. Si ricordi, però, che i disinformatori sono condizionati ad agire in questo modo tanto è vero che usano sempre gli stessi "argomenti" e le medesime accuse per colpire una gamma variegata ed eterogenea di oppositori del sistema, in maniera indiscriminata e scomposta.
Correlato alla sindrome di Stoccolma, un altro sintomo è piuttosto frequente nel gruppo in esame: è una forma di delirio leinbitziano contraddistinto da convinzioni palesemente contrastanti con la realtà. Infatti, contro l'esperienza e le più palmari evidenze, i "pretoriani del principe" si persuadono che il sistema economico, politico, scientifico, medico, nonostante le mille prove che dimostrano l'esatto contrario, è perfetto, amorevole e sollecito del bene comune. Sono tratti paranoidi ed atteggiamenti di autolesionismo non sradicabili sulle cui cause non sempre evidenti non è il caso qui di indugiare.
Altri aspetti dovrebbero essere sviscerati, ma per ora queste note sono sufficienti. Mi è parso utile cominciare a delineare il problema della disinformazione nelle sue declinazioni psicologiche e psichiatriche: si mette in luce soprattutto la banalità dei soggetti che non va ingigantita, ma neppure sottovalutata, ricordando la banalità del male.
[1] Per quanto attiene alle spie linguistiche inerenti ad una destrutturazione dell'io ed alla meccanicità del linguaggio distorcente e menzognero, rimando al testoLa struttura bipolare della lingua, 2009
L'arcipelago delle Orcadi fu abitato durante il Neolitico (IX-IV millennio a.C.) da una popolazione che costruì nella località di Skara Brae un villaggio in seguito abbandonato. Le abitazioni erano tutte di pietra ed edificate secondi criteri razionali ed efficienti. Skara Brae è un villaggio in cui le case, gli utensili, le suppellettili sono litici. Le vestigia, studiate in modo sistematico dall'archeologo Gordon Vere Childe, agli inizi del XX secolo, sono contraddistinte da abitazioni tutte al di sotto del livello del terreno ed uniformi sotto il profilo strutturale: sono infatti, costituite da un quadrilatero di pietre a secco attorno ad un focolare, mentre attorno sono dislocati i letti e la dispensa. I muri sono un po' inclinati verso l'interno a sostenere la copertura forse lignea o di vertebre di balena, ricoperta di terriccio e di erba.
La tipologia di queste strutture ricorda il mégaron miceneo: il mégaron era una grande stanza rettangolare, i cui muri laterali si estendevano di solito a comprendere un vestibolo ed un portico, a volte con colonne. Nella sala si trovava in genere un focolare centrale intorno al quale si ergevano quattro colonne di sostegno al tetto, in cui si apriva un foro per la luce e la ventilazione.
E' possibile che la struttura abitativa di Skara Brae costituisca un archetipo o uno dei possibili archetipi dell'architettura micenea? Se così fosse, la teoria settentrionalista, che vede in popoli nordici gli antenati degli Achei (Danai), ma che soprattutto individua nelle regioni settentrionali europee una scaturigine della civiltà greca, troverebbe un'ulteriore, per quanto controversa, conferma. Tale teoria è stata recentemente ripresa dall'ingegnere Felice Vinci, autore del voluminoso saggio "Omero nel Baltico", libro con cui ha suscitato "l'ira funesta" degli orientalisti inclini a considerare il Nord come un'area arretrata ed in cui tardi irradiò la sua luce il Sole dell'Oriente.
A mio parere, è possibile un'origine policentrica e più o meno coeva delle civiltà e forse la genesi delle culture neolitiche, ma soprattutto megalitiche, va ricercata altrove, nell'Atlantide, con le colonie e gli avamposti, posteriori alla sua scomparsa, distribuiti tra Medio Oriente, bacino del Mediterraneo, Mare del Nord etc. La diaspora degli Indoeuropei potrebbe essere la ripetizione di una diffusione precedente per opera di genti atlantidee.
D'altronde i misteriosi costruttori di Skara Brae innalzarono, tra i vari monumenti megalitici, anche l'anello di Brodgar, formato da tre cerchi concentrici comprendenti un terrapieno, un fossato e, al centro, un anello di pietre. E' una grandiosa testimonianza architettonica che ricorda la morfologia dell'Atlantide descritta da Platone. E' una coincidenza?
Fonti:
Dizionario di Archeologia, Milano, 2001, s.v. megaron B. Porcu, Vento sulle Orcadi, 2009, in Fenix n. 7 F. Vinci, Omero nel Baltico, nuova edizione, 2008
Non riscuotono molti consensi le pagine descrittive: all'interno della maggioranza dei romanzi attuali le sequenze iconiche sono ridotte a miseri brandelli o a indugi esornativi. Si pensi alle paludate raffigurazioni di autorucoli come Eco, in cui lo stitico sfoggio di erudizione è solo un modo per coprire lo squallore del significato: in modo simile si appende un quadro ad una parete per nascondere una macchia di muffa.
Quasi tutti i lettori, avvinti dall'intreccio (le storie si assomigliano un po' tutte, ma si trae piacere dall'affabulazione), saltano a piè pari le parti descrittive o le scorrono distrattamente. Eppure la descrizione possiede una forza straordinaria, poiché dipende dall'osservazione: si fissano fotogrammi del reale con l'occhio che penetra la trasparente opacità degli oggetti. Si blocca il tempo per isolare frammenti di immagini il cui nitore sfolgora nel profilo tagliente dei contorni.
La descrizione consente di interrompere il flusso illusorio degli eventi per ritagliare prospettive di senso. Si scoprono così le sfaccettature degli oggetti, le loro dinamiche nascoste. Da un'attenta esplorazione della natura, uomini di valore estrassero frattali di possibili verità.
La descrizione è ricostruzione di mondi tramontati, di scenari lontani, di future costellazioni: un vero artista sa che, mentre l'intrico degli accadimenti scorre sul binario delle "cause", la rappresentazione, in quanto sottratta all'imperio dei nessi, può elevarsi oltre la dimensione dei "fatti" per sfiorare l'Empireo delle visioni. Il vero osservatore trascende la semplice ricezione del fenomeno per sviluppare un'immaginazione creativa in cui si lasciano affiorare e collegare le figure. La scrittura osservante diviene esplorazione degli anditiche conducono oltre l'abitudine empirica.
Lo sguardo si concentra sul particolare, ne indaga le relazioni con il tutto, cerca di accendere l'intuizione che è letteralmente un guardare dentro. Nell'ec-stasi della percezione, la mente sprofonda in universi inimmaginabili, anche solo per un istante. L'avventura dello sguardo, pur nella sua staticità atemporale, è molto più emozionante del turbinio delle peripezie, perché spinge il pensiero su sponde inattese.
Che cosa può favorire questa supremazia della percezione? Un particolare stato della coscienza, una sostanza, un sogno ad occhi aperti, l'abitudine a stupirsi... E' come se un'inquadratura filmica fosse strappata allo scorrimento immobile delle sequenze per scoprire il valore profondo di ciascun segno.
E' pur vero che alcuni segni rivelano, se osservati da vicino, un meraviglioso orrore, ma questo è uno dei volti dell'universo.
L'Ufologia è relegata tra le pseudo-scienze. Gli ufologi attirano la derisione dello "scienziato" e dell'uomo medio-basso. "E' un'accozzaglia di sciocchezze", si sente ripetere. Eppure, sfidando il dileggio e la sicumera degli accademici, alcuni ricercatori hanno imboccato strade che, dallo studio degli oggetti volanti non identificati, li hanno via via portati verso direzioni inattese. In genere si sono scoperte oscure trame , il coinvolgimento dei militari nei rapimenti. Si sono sfiorati altri temi spinosi come i black projects, le basi sotterranee segrete, esperimenti di ibridazione etc. Qualcuno, partendo da premesse ufologiche del tipo "viti e bulloni", si è avventurato ai confini della cosmologia e della filosofia.
Qui è d'obbligo il riferimento al chimico Corrado Malanga che, dopo anni di ricerche empiriche, si è inoltrato nell'insidioso territorio della fisica quantistica ed in quello ancora più insidioso della speculazione filosofica. Va rilevato che quasi tutte i capisaldi attuali del Malanga-pensiero sono desunti dalle dichiarazioni di presunti rapiti sottoposti a sedute di ipnosi regressiva. Non so fino a che punto tali dichiarazioni siano attendibili. Prescindendo dal loro grado di plausibilità, si deve comunque rilevare come il ricercatore toscano abbia introdotto idee nuove all'interno dell'esobiologia, soprattutto con la sua riflessione sull'anima. Che cosa Malanga intenda per anima non è a chi scrive molto perspicuo: un principio incorporeo ed eterno? Un sistema computazionale o che cos'altro? L'autore è altresì convinto, in una convergenza con la tradizione gnostica (credo di concordare anch'io), che non tutti gli uomini hanno un'anima.
La questione è complessa: esiste l'anima? In caso affermativo, come dobbiamo concepirla? Secondo la Bibbia, (almeno se ci limitiamo ad una lettura exoterica del Testo), l'anima è 'nèfesh': non è nulla di immortale e di spirituale. [1] Per Aristotele, l'anima è la forma del corpo: quando il corpo si disgrega, anche l'anima muore. Il filosofo rinascimentale Pietro Pomponazzi, suscitando le ire del clero, riaffermò la mortalità dell'anima sulla base dello Stagirita. Nel Cristianesimo paolino è esposta la dottrina della resurrezione dei corpi, forse mutuata da credenze persiane, non la sopravvivenza dell'anima dopo la morte, concetto della tradizione filosofica classica e non solo. Pertanto si può sempre pensare che l'immortalità sia garantita da una trasformazione della materia, liberata del suo carattere corruttibile.
Si può, invece, ritenere che la materia alla fine sia un non essere, rispetto all'essere vero, svincolato sia dallo spazio-tempo sia dai processi di degradazione che connotano il mondo ilico. In tal caso, il tentativo di predazione dell'anima per opera di esseri interdimensionali, come è descritto da Malanga avrebbe un suo senso, per quanto, a mio parere, paradossale. Infatti a questi “alieni” non interesserebbe soltanto controllare i corpi e le energie (delle energie anzi dimostrano uno sbalorditivo dominio), ma qualcos'altro. "Voi avete quella cosa che vi permette di andare di là, quella cosa che noi, invece, non abbiamo, quella cosa che permette all'uomo di andare di là, da Lui. Noi non possiamo andare da Lui. Alcuni di voi possono andare da Lui." In questo modo puerile e stentato, si esprime(rebbe) un'entità che si è incapricciata di un giocattolo, l'anima. Siamo al cospetto di una mitologia che non mi convince del tutto: tra l’altro, ritengo che il vero fine di presunti esseri interdimensionali sia la distruzione dei pianeti. Essi, simili a boa, causano la morte delle loro prede per soffocamento. Guardiamoci un attimo attorno: il pianeta è bruciato, sterile, desertificato. Gli Arconti hanno conseguito il loro scopo principale: devastare la terra ed inaridire le coscienze. Il loro sogno di immortalità è l’incubo della ripetizione: l’eterno ritorno dell’uguale.
Siamo seri: se l'anima esiste, essa è una scintilla divina e non credo che qualcuno la possa rubare, come fosse un diamante, un oggetto prezioso. Se, al contrario, l'anima è materiale (cervello o alcunché di simile), bastano delle onde elettromagnetiche per neutralizzarla ed ipotetici scienziati alieni possono, se vogliono, con le loro tecnologie, creare tutti i cervelli artificiali che desiderano, senza bisogno di trafugare niente a chicchessia. Forse chi è irretito in una concezione materialista può ritenere che sia possibile, con strumenti tecnologici, appropriarsi di un principio che collega alcuni esseri viventi alla Fonte. Che cosa, però, potranno ottenere? Una specie di creatura del Dottor Frankenstein la cui larvale vita è data dall'energia elettrica. Non manca - è vero - chi incredibilmente ritiene che Dio coincida con il campo di Planck o con un campo magnetico, ma sono stravaganze e, come tali, le riporto senza commentarle.
Possiamo immaginare che anche l'anima sia un'energia elettromagnetica, ma allora dovremmo rallegrarci delle antenne che vengono da per tutto installate, perché ciò significherebbe che le anime si moltiplicano.
Non intendo affermare che la materia-energia sia priva di aspetti enigmatici e che sia del tutto inerte, ma credo essa sia comunque il segno di uno slittamento rispetto ad una perfezione originaria. Se la materia fosse perfetta, dovremmo immaginare che essa combaci con Dio: ciò mi pare una forma di panteismo, con tutti i limiti del panteismo. Nel sistema dualistico tanto connaturato al pensiero umano, siamo inclini a distinguere tra maschile e femminile, tra corpo e anima, tra bene e male… dimenticando che la realtà è molto più complessa e sfaccettata. E’ possibile che esistano enti di gradi diversi situati lungo una scala dal più denso al più etereo. Mente, coscienza, anima… non sono sinonimi, ma non si comprende bene quali differenze intercorrano tra questi enti. Alla sommità si trova lo Spirito puro di cui alcuni partecipano, anche se in minima misura? Ricondurre tutto alle dimensioni fisiche, per quanto sottili, mi sembra riduttivo.
Infine o l'anima, come ente immortale, non esiste ed ha ragione Epicuro, di cui non occorre ricordare le rassicuranti conclusioni, oppure esiste ed è immateriale. In quest'ultimo caso, non saranno le tecnologie più sofisticate a minacciarla, ad imprigionarla o a trasferirla in altri corpi.
[1] Nefesh è molto più che il nostro concetto di anima, non è una qualità che l’uomo ha, ma è quello che l’uomo è, così come l’uomo è soma e non ha soma. Si tratta di due modi di vedere la stessa cosa e non di due cose diverse. Per capire meglio il concetto, anche il corpo di un morto può essere nefesh, ma solo finché si trova nella socialità, dentro i confini fisici e della società, solo finché è ancora identificabile, ma quando ci si dìsfa del corpo, non è più nefesh. Nefesh è anche l’istinto, volontà e desiderio sessuale e potrebbe sorprenderci che la stessa parola viene usata per descrivere l’anelito del devoto a Dio. Dire che nefesh è la persona non è dire che l’anima è la persona, perché nefesh include e presuppone basar, il corpo. Gli antichi ebrei non potevano nemmeno concepire il pensiero dell’uno senza l’altro. Il corpo tiene l’uomo in terra e, grazie all’anima, l’uomo è capace di trascendere il corpo ed elevarsi sopra ed oltre il proprio ambiente. Quasi unanimemente gli studiosi biblici dicono che l’uso della parola psyche pre-platonica come traduzione di nefesh è insufficiente, se non addirittura ingannevole... Una breve parola sull’idea della risurrezione dei morti: secondo Paolo, il nefesh risorgerebbe con la Seconda Venuta di Cristo. Questo significherebbe che la persona si riunirebbe con il proprio corpo. Per Paolo, l’uomo è nefesh: anima e corpo sono inseparabili. (V. Evola)
Pierluigi Ighina nacque a Milano nel 1908 e morì nel 2004. Fu, secondo alcune fonti, discepolo e collaboratore di Guglielmo Marconi: è uno scienziato pressoché sconosciuto al pubblico, perché le sue scoperte ed invenzioni non hanno ottenuto alcun riconoscimento dalla scienza accademica. A differenza del poliedrico, ma ingenuo ricercatore ed inventore serbo Nikola Tesla, Ighina non si fidò mai dei potenti con cui evitò ogni collaborazione, conscio che le sue invenzioni sarebbero state usate solo a fini malefici e per lucrare.
Ighina affrontò lo studio dell'atomo da una prospettiva alquanto diversa rispetto agli altri ricercatori: infatti, invece di sottoporre l'atomo all'azione di potenti campi magnetici o di particelle ad alta energia, decise di contenere il suo movimento usando altri atomi, definiti assorbenti, che impediscono agli atomi luce ed a quelli esterni di interferire nell'osservazione.
Attraverso questo accorgimento e mediante il microscopio atomico lenticolare di sua invenzione, Ighina riuscì a classificare varie categorie di atomi in base alle loro differenti pulsazioni.
Un concetto importante da sottolineare è che "l'atomo non oscilla, ma vibra, non si può dividerlo, sarebbe però possibile dividere la sua energia, ma non l'atomo stesso". La scoperta dell'atomo magnetico avvenne casualmente come scrive lo stesso Ighina: "Ero intento a queste prove quando, spostando inavvertitamente una calamita lì vicina, vidi che tutti gli atomi in osservazione si erano messi vertiginosamente in movimento scomparendo poi in una massa luminosa". L'atomo magnetico è il più piccolo rispetto agli altri atomi, possiede una pulsazione più veloce ed inoltre ha la caratteristica di "imprimere il movimento a tutti gli altri atomi, diventando così il promotore di essi".
Una delle apparecchiature costruite da Ighina, il regolatore di vibrazioni atomiche magnetiche, si basa proprio sull'energia dell'atomo magnetico e più precisamente sulla variazione della frequenza di vibrazione della materia con la trasformazione della stessa.
Con questa energia sarebbe possibile guarire qualsiasi malattia, fondere i metalli a distanza, produrre energia elettrica, neutralizzare le radiazioni, investigare il sottosuolo alla ricerca di giacimenti petroliferi o falde acquifere, aumentare i raccolti agricoli ed altro ancora.
È indubbio che il campo magnetico sia fondamentale per la vita sulla Terra, anche se la scoperta di come sia possibile la trasformazione della materia e la produzione di monopoli magnetici risultano piuttosto difficile da concepire.
Per Ighina, tutte le forze esistenti in natura sono il riflesso diretto e indiretto di un’unica forza primordiale che è l’energia che scaturisce dal Sole. Tale irradiazione solare riflettendosi si equilibra con sé stessa e condensandosi esplode e quindi s’irradia di nuovo e di nuovo si riflette e così si moltiplica. L’energia solare è una forza positiva che, riflettendosi, diventa negativa. Il Sole accoglie in sé questi suoi riflessi, li trasforma e li irradia nuovamente in maniera positiva e così via. Tale concezione ricorda quella di Reich sull’energia orgonica, distinta in orgone vitale(OR) ed orgone mortale (DOR).
Noto è il macchinario di Ighina con cui egli riusciva (così sembra) a causare le precipitazioni o a diradare le nuvole. Sarebbe interessante se qualche ricercatore indipendente, riprodotto tale congegno, lo sperimentasse per favorire la pioggia, in presenza delle scie chimicheigroscopiche.
Fonti:
M. Barbieri, recensione del libro di P. Ighina, L’atomo magnetico, 2001 Alberto, Pierluigi Ighina, profeta sconosciuto, 2005
Nihil occultum quod non scietur, Non esiste nulla di nascosto che non sarà rivelato
E' segno di debolezza aggredire certi divulgatori. Ora, mentre è normale che i vari pennivendoli al servizio del sistema, passino il loro tempo a diffamare e ad ingiuriare i ricercatori seri (pochi in verità), sorprende che siano particolarmente veementi e feroci altri personaggi che, di fronte a certe notizie, vedono vacillare le loro vacillanti "certezze". Sono persone molto deboli e vulnerabili che non amano siano scoperchiati i sepolcri: preferiscono vivere nel loro universo idilliaco, dorato. Se da un lato si nota talora una fascinazione per misteri ed intrighi, dall'altro è ancora più evidente la tendenza a non guardare il volto della Medusa.
Quest'ultimo atteggiamento è comprensibile. Non è certo piacevole aprire gli occhi ed anzi è traumatico scoprire il signoraggio, le scie tossiche, le armi sismiche, i virus creati in laboratorio etc. Tuttavia - ed è questo il fulcro del discorso - se si ritiene che queste informazioni siano destituite di fondamento, non si comprende per quale motivo ci si accanisca così tanto con chi tratta tali temi. Pure se si pensa che esistano dei pericoli insiti nel sistema, ma li si considera poco incisivi o quasi ininfluenti, grazie alla protezione di "alieni" benevoli o di Madonne olografiche o di particolari conoscenze, l'accanimento risulta inconcepibile.
Nessuno è obbligato a vedere filmati sul Nuovo ordine mondiale o a leggere articoli sul Morgellons. Nessuno è obbligato a commentarli. Ci si può cullare in un paradiso di sogni e convincersi di vivere nel migliore dei mondi possibili. Senza dubbio è una scelta legittima. Si può distogliere lo sguardo e fingere che tutto sia perfetto così com'è. Può darsi che tale contegno sia anche segno di saggezza (una saggezza che confina con l'indifferenza). A me pare che sia una condotta rinunciataria ed imbelle, ma è solo una mia opinione. La reputo un indizio di ignavia, ma tant'è.
Se uno è persuaso che nulla è da temere, perché aggredisce chi riporta - come ripetono alcuni - notizie che suscitano timore? Se ne resti nella sua torre eburnea da cui ammirare le stelle. Nulla lo sfiora, lo turba, lo indigna: meglio per lui. Se veramente ha conseguito l'atarassia può ritirarsi in un eremo e smettere di tediarci con discorsi moralistici o con insopportabili e petulanti geremiadi sui danni alla reputazione delle illustri istituzioni, danni che arrecherebbero gli studiosi della storia e della scienza non ufficiali.
Vogliamo accontentarli: lo stato è un'istituzione benefica, la televisione è istruttiva, le banche sono enti morali, le malattie non esistono, le torture sono benevole ramanzine, l'ambiente è salubre, le antenne servono a migliorare le telecomunicazioni, le scie chimiche sono essenze profumate, i poveri vivono nelle baracche tra i topi e le cloache per masochismo, le rare guerre che divampano sono delle missioni umanitarie, la cultura in questi tempi ha toccato vette eccelse, le nanotecnologie risultano solo un po' antipatiche, se non si è estimatori di Berlusconi...
Ammettiamolo: lo stato ci ama e le tasse (ma la pressione fiscale è leggera) dei contribuenti sono investite per l'educazione, l'assistenza sanitaria, le pensioni. I politici sono dei benefattori, gli scienziati si occupano solo della ricerca pura e disinteressata. Naturalmente in questo pianeta perfetto Paolo Attivissimoè un integerrimo giornalista, sempre a caccia di insidiosi truffatori, Umberto Eco è un intellettuale. Last, but not least Rocco Buttiglione è un filosofo, anzi il filosofo, "il maestro di color che sanno".
Rilassiamoci dunque: godiamoci la vita, ingurgitando cibi geneticamente modificati ed irradiati. Accendiamo il televisore e seguiamo la serie televisiva su Enrico Matteiche purtroppo morì a causa di un errore del pilota del suo aereo personale.
Da sempre "i crimini contro la vita si chiamano errori".
L’apparato, la struttura e gli ornamenti di una cattedrale emanano e riflettono, con la loro straordinaria potenza, delle sensazioni meno edificanti, uno spirito laico e -diciamo- quasi pagano. (Fulcanelli)
La cattedrale di Santa Maria Assunta è ubicata nel comune di Ventimiglia (Imperia). Secondo alcune fonti, la cattedrale dell'Assunta fu eretta tra l'XI e il XII secolo sulle rovine di una precedente chiesa dell'epoca carolingia. Quest'ultima, stando alle tradizioni locali, era stata innalzata sul sito ove anticamente sorgeva un tempio pagano dedicato alla dea Giunone. Ancor prima il luogo era sacro alla divinità celtica Sirona. Durante l'alto Medioevo, la struttura della chiesa fu ad unica navata: al principio dell'XI secolo il tempio fu completamente ricostruito a tre navate. Del XIII secolo sono il portale, ad arco acuto, le tre absidi ed il presbiterio sormontato dal tiburio di forma ottagonale, mentre il tetto ligneo fu sostituito con volte a botte sostenute da semicolonne e pilastri compositi in stile romanico.
Come si accennava, al di sotto della Cattedrale romanica restano vestigia di un edificio altomedioevale, composto da un’unica navata e dalla cripta, in cui sono stati rinvenuti frammenti di sculture.
Il portale della chiesa, di forme gotiche, ma concepite ancora secondo un saldo rapporto tra architettura e plastica di stampo romanico, è un "testo" che squaderna segni tradizionali, per lo più apotropaici. Il Cervini illustra i soggetti nel modo seguente: "Sugli spigoli esterni dell'avancorpo si dispongono due coppie di oranti che sono anche pseudo-telamoni (di uno sopravvive solo la testa)... A sinistra i capitelli sono decorati, nell'ordine, da tre teste umane incorniciate da un rudimentale sistema ad archetti pensili, da un mascherone zoomorfo ed ancora da tre teste. Sulla mensola si nota un telamone-orante nudo. La mensola opposta presenta, invece, la figura di un angelo ad ali spiegate (con mani di sei dita), vestito di una lunga tunica. Un altro angelo torna sul primo capitello interno dello strombo destro, insieme con due teste umane e due croci. Nel secondo capitello due quadrupedi araldici, speculari, dall'apparenza di lepri, mordono una protome umana; l'ultima testa, nel terzo capitello, è fiancheggiata da due mascheroni cornuti, presumibilmente diabolici."
Così viene descritta la sobria decorazione scultorea dall'erudito Cervini che non indugia sulla particolarità costituita dall'angelo con mani di sei dita. Nell'ambito culturale comprendente la Provenza e la Liguria occidentale, tra i secoli XI e XIII, persistenze altomedievali e declinazioni popolari si spiegano con il relativo isolamento ed il tradizionalismo di un'area in cui filtrarono influssi genovesi ed antelamici, ma che fu restia a mutuare le originali invenzioni gotiche d'oltralpe. Questo chiarisce per quale motivo il complesso scultoreo del portale intemelio manifesti una struttura paratattica con lessemi arcaici (figure sbozzate di valore magico-profilattico), ma motiva pure singolari reminiscenze come la figura esadattila? E' forse possibile congetturare una sopravvivenza di espressioni ereticali e di segnali esoterici, in un contesto appartato e distante dal rigido controllo esercitato dalle diocesi più importanti. Vescovi e canonici della zona tollerarono un linguaggio imperniato su credenze paganeggianti, ancorché cristianizzate, ma che non configurarono cicli iconograficidesunti dalla Bibbia.
Il repertorio tematico del portale intemelio annovera angeli e mostri in un’antitesi tra Bene (a destra) e Male (a sinistra): l’angelo, le cui mani terminano in sei dita, occupa il capitello della colonnina addossata al pilastro che sorregge l’architrave: capo grosso e sproporzionato rispetto al torso, la figura tiene gli avambracci alzati, mentre le ali, accennate con incisioni sommarie e poco profonde, sovrastano, come a proteggerle, due teste. Annota il Cervini: “In questo caso, il protettore-angelo è una creatura cristiana (conclusione un po’ affrettata e molto generica, n.d.a.). Di fronte, solo teste ed un mascherone animale… All’esterno dell’avancorpo i quattro ‘oranti’, rappresentanti simbolici del popolo di Dio, si atteggiano anche a telamoni, quindi a peccatori che reggono un peso.”[1]
Genova pullulò di eretici. Nella regione si erano diffuse comunità catare provenienti dal Piemonte. I "buoni cristiani" erano concentrati nell'Occitania, ma con propaggini nelle plaghe limitrofe. [...]
Non è facile individuare chi, alieno da investigazioni aridamente erudite e da interessi compilativi, si cimenti nella decifrazione di testimonianze tanto eccentriche, come l'angelo esadattilo di Ventimiglia, forse un pallido vestigio di un remoto retaggio, il cui significato emblematico o naturale è in buona parte caduto nell'oblio.
[1] Un altro motivo iconografico piuttosto insolito, che connota il duomo della città ligure, è l’eptagramma dell’avancorpo: “Sul fronte del pilastro di levante, nel portale, all’ingresso principale, la superficie del concio di ponente, della settima fila dal basso, è scolpita: contiene una stella a sette punte, inscritta in un cerchio”. Cfr Maccario, La stella della cattedrale nella tradizione enigmatica(sic), 2002, con la bibliografia ivi contenuta.
Fonti:
F. Cervini, La pietra e la croce, Cantieri medievali tra le Alpi ed il Mediterraneo, Ventimiglia, 2005 Id., Liguria romanica, Milano, 2002 N. Lamboglia, Note sulla cattedrale di Albenga, 1949 N. Pazzini, R. Paglieri, Chiese di Liguria, Genova, 1990
Il giorno 11 maggio 2009, ore 20:45 circa, andrà in onda la puntata di Rebus(Odeon e Odeon24 (SKY827) dedicata alle scie chimiche. Maurizio Decollanz avrà come ospiti in studio il dottor Giorgio Pattera, biologo, e Rosario Marcianò, ricercatore indipendente e presidente del Comitato Tanker Enemy. Il nostro plauso a Decollanz, un vero giornalista, rispetto al quale l'agghiacciante personaggio, noto come Paolo (Pavlov) Attivissimo, può essere considerato solo un usurpatore di un titolo e di una professione tanto nobili.
Proponiamo alcuni estratti della conferenza sulle chemtrails, convegno tenutosi a Milano il 19 aprile 2009: risalta la malafede dei disinformatori rispetto a chi è animato solo dal desiderio di cercare e mostrare la verità, "qualunque essa sia". Il documento filmato dell'intera conferenza è visionabile qui.
EMITTENTI AFFILIATE: E' una sindycation. I programmi di Odeon TV vanno in onda su: Canale 6, TVM (Friuli Venezia Giulia), Napoli canale 21 (Campania), TeleRoma Reporter (Lazio, Umbria), Canale 10 (Toscana), TeleAltoVeneto (Veneto), Telegenova (Liguria), TeleRegione (Puglia, Basilicata), Telecentro (Emilia Romagna, Marche), Telemed (Sicilia), Telereporter (Lombardia), Telereporter Sud (Calabria, Sicilia e Sardegna), Videonord, Videonovara, Retesette (Piemonte-Lombardia).
Siamo imprigionati in una scatola: i nostri sensi appiattiscono i rilievi e la ragione balbetta. Incapaci di elevarci oltre l'altezza di un muricciolo, pensiamo che la vita sia questa frazione. L'apparenza si è ispessita a tal punto da fagocitare il nucleo stesso. La finzione è assurta ad unico modo di comunicare: lo scotto è l'isolamento. Anche il passato, alla luce livida del presente, si incrosta ed appare maledetto dall'ingenuità di un tempo.
Urgono le solite domande, petulanti come creditori, aggressive come formiche fameliche. Viviamo in bilico tra il senso illusorio e l'avvertimento del nulla. Temiamo che molte verità siano consolatorie: di là dalla perfezione formale del cosmo, si intravede a volte la sua meravigliosa gratuità. I significati sono evaporati nel silenzio; l’infanzia immemore è stata erosa dal tarlo della coscienza.
Restano momenti abissali, attimi imprendibili di lucidità. Come un dio che, tormentato dalla solitudine di spazi gelidi e vuoti, dipinge cerchi di galassie e nastri di nebulose, lasciando che sgoccioli il colore a formare le stelle, così noi ci inventiamo mondi e sogni e deliri.
Lo stridore degli eventi assorda, mentre monta, come motosa marea, l’infinita stoltezza della massa.
Qualcosa ci riscatterà un giorno dalla ripetizione, dalle mille, inutili, assurde incombenze, dai riti scaramantici? Qualcuno riscatterà l'ipoteca che grava sul futuro? Forse non è sufficiente lo scartamento di binario: forse occorre la distruzione. Pare irredimibile la pazzia che accettiamo come normalità. E' una pazzia insediata nel centro delle cose. E' veleno questo malessere, questo tedium vitae di noi che viviamo sull'orlo del nulla, accerchiati da entità invisibili ed invise. E' acido quest'ansia corrosiva dovuta a tutto ed a niente.
Condannati ad esistere in un mondo desacralizzato, tra l'incubo della veglia ed il sogno fallace del sonno, cerchiamo una via d'uscita: ancora una volta sembra che l'unico rimedio sia anteriore a tutto.
Pubblico la seconda ed ultima parte dell'articolo di Davy, "Oltre il dualismo". E' un testo molto eccentrico e, per alcuni versi, duro, ma che apre prospettive degne comunque di essere prese in considerazione, almeno per ampliare l'orizzonte dell'indagine. Mi paiono, in particolare, molto interessanti le riflessioni sul tema della percezione, riferita a diversi angoli visuali. A ben leggere, la teoria esposta, pur nella sua audace fuga in avanti, trova degli antecedenti nella "risoluzione" catara e nel Nirvana buddhista. D'altronde, perché, in molte tradizioni, si persegue il fine dell'estinzione, se l'essere non fosse, almeno in parte, un cedimento? (Si vedano Entropia e buchi nerie Horror pleni). Per quanto riguarda il discorso dell'energia, lo espanderei alla dimensione di solito denominata astrale e ad altre sfere di esistenza non manifeste: tenendo conto dell'estensione ontologica dell'essere umano (di tutti?), il "semplice" spegnimento della fonte relativa all'involucro potrebbe non essere bastevole.
Riprendiamo il discorso della contrapposizione tra consenso e dissenso e soffermiamoci sulle scie chimicheche potrebbero dimostrare la volontà dei potenti a dimezzare o a sfoltire la popolazione mondiale: tale conclusione diventa discutibile, quando si leggono i documenti militari ufficiali su cui è basata la gestione del futuro. Documenti come l'Air Force 2025 esprimono l’intenzione delle élites di aumentare, secondo specifiche selezioni, la popolazione mondiale futura e non il contrario.
L'U.S.A.F. non si pone come obiettivo lo sterminio, semmai il contenimento della popolazione, un mirato controllo demografico.
Abbiamo dimostrato che le scie chimiche servono anche a causare malattie, ma varie patologie (si pensi al Morgellons) derivanti dalle irrorazioni chimico-biologiche, sono effetti collaterali di un’operazione i cui veri scopi sono altri.
Come sappiamo l’essere umano, in termini individuali, è considerato elemento anonimo di una massa umana standard, formata da una moltitudine di individui che possono essere calcolati e descritti in termini meramenti quantitativi: “l’essere umano attuale” è semplicemente paragonato ad una batteria elettrica che diventa infinita fonte di energia. Tramite la riproduzione, inoltre, gli uomini assicurano una costante alimentazione.
Sappiamo che l’ambiente circostante è possibilità di espressione per altre specie, come, ad esempio, gli insetti che, nonostante vivano nel nostro stesso mondo, hanno comunque una percezione del tempo e dello spazio molto differente dalla nostra. Ci potremmo riferire anche agli "alieni" che, oltre alla differente percezione spazio-temporale (da quanto viene talora riportato), agiscono nella nostra dimensione, ma con la capacità di influire sulle "leggi" definite dalla fisica tradizionale, ma ciò avviene perché essi hanno basi di calcolo percettivo (spazio-tempo-energia) diverse da quelle umane. Per questo non vedremo mai gli "alieni" con il nostro "metodo" di lettura e, se avverrà un’invasione, sarà un’invasione psichica e non tecnologica.
Nel contempo, vediamo insetti fisici in luogo di primitivi microcircuiti elettrici, perché anch’essi sono, in un certo senso, alieni, ma avendo gli stessi teso la ragnatela sulla quale vengono programmati i parametri di lettura dell’essere umano, hanno inserito impostazioni di lettura a proprio piacimento nella programmazione genetica.
L’essere umano si esprime tramite il cervello che traduce appunto tali parametri di lettura scritti nella programmazione genetica: il cervello è una sorta di computer che analizza e traduce miliardi di reazioni bio-chimiche in lassi di tempo limitati ed elaborando dati sensoriali di uno spettro molto ristretto. L'uomo, come ogni essere vivente, è sia alimentato sia sfruttato.
Quindi, a questo punto, è plausibile che il cervello funga come una specie di trasformatore elettrico che attinge ad un’infinita e potenziale energia Animica nella parte inconscia. Con un processo di trasformazione, l'encefalo produce energia elettrica nella parte Conscia che si esprime in movimenti, sentimenti e percezioni. La stessa attività elettrica generata non può essere sfruttata dalla persona stessa, perché essa è costantemente canalizzata da un filtro che la devia ... altrove, ovvero tutto ciò che manifestiamo in sentimento ed azione, è in realtà sfruttato “Altrove”.
Se questa fantascientifica teoria fosse verosimile, la nostra realtà sarebbe una pura illusione, assimilabile alla famosa “Matrix” e sarebbe dunque una realtà fittizia basata sullo sfruttamento dell’elettricità umana: gli uomini, tramite l’ipnosi condizionata, crederebbero di vivere una vita che è in verità “solo” fonte di energia elettrica.
L’essere umano è schiavo di un sogno costante e senza valore, ma crede di vivere ed esistere realmente in un film che, invece, non gli appartiene (se non avesse questa credenza, non esisterebbe alcun tipo di limitazione genetica e cerebrale): infatti è stato programmato con un cervello da gallina che gli impone di pensare che questa sia la vita.
Anche se talvolta alcuni diventano consapevoli di ciò e nonostante certi sappiano che l’essere umano è la batteria che alimenta l’ipnosi collettiva, possiamo anche credere nell’esistenza di altre entità che possono definirsi "aliene". Esse hanno altre concezioni e metodi di lettura della matrice sulla quale è, per ora, scritto ogni destino, ma il punto d’osservazione principale in questo infinito universo, è quello umano.
Dunque l’uomo alimenta la “macchina” che ha creato artificialmente l’apparente realtà e nessuno ha mai notato che l’essere umano stesso, nonostante possa divenire conscio dell’ipnosi e del condizionamento, darà sempre energia (indipendentemente dalla sua volontà) alle macchine… E' dunque l’uomo inconsapevole nemico di sé stesso, perché l’unico modo per uscire da questa fittizia realtà è togliere l’alimentazione a tali macchine e l’unica maniera per togliere l’alimentazione è la propria estinzione.
Infine ci troviamo di fronte ad un dilemma: salvare l’umanità conosciuta per salvare le macchine oppure distruggere la stessa umanità per NON alimentare e distruggere le macchine, artefici di questo sogno?
“Illuminati game” è un gioco di carte creato da Steve Jackson ed ispirato all'"Illuminatus! trilogy" di Robert Anton Wilson e Robert Shea, un ciclo narrativo pubblicato nel 1975. Con queste carte, risalenti agli inizi degli anni '80 del XX secolo, i giocatori assumono il ruolo di esponenti di società segrete che si contendono il dominio del pianeta, ricorrendo al denaro, alle strategie ed ai mezzi più spregiudicati e distruttivi (epidemie, armi, calamità artificiali, riscrittura della storia…). E' noto che le carte e, ancor prima i romanzi, prefigurano molti eventi occorsi negli ultimi decenni.
Eloquenti sono i due "arcani" in cui sono raffigurati la distruzione delle Torri gemelle e l'attentato al Pentagono. Una coincidenza? Gli autori erano al corrente dei piani nefandi orchestrati dalla Cabal o riuscirono a leggere gli accadimenti futuri appartenenti ad una matassa temporale che può essere talora sbrogliata? Siamo forse al cospetto di corrispondenze significative che si staccano dal flusso temporale. Pare più probabile che certi scrittori siano a conoscenza delle trame ordite dai potenti [1] o che, con l'induzione e l'intuizione, riescano a preannunciare sviluppi futuri.
Tra le numerose carte, spesso trasparenti nelle fosche situazioni dipinte, una risulta piuttosto ermetica: è denominata The rapture (Il rapimento; l’estasi): si riferisce ad un versetto di Apocalisse (3, 10) e ad alcuni passi delle lettere paoline (Tessalonicesi, I 4:13-5:4; Corinzi 15:13-58 etc.).
Sul bordo superiore della carta si legge: Tape runs out, "Il nastro è finito". Vi è raffigurato un registratore a bobine: da una bobina si dipana il nastro spezzato. Sullo sfondo è effigiata la Terra spaccata, come fosse una mela: dall'ampia fenditura schizzano dei raggi dardeggiati da un sole all'interno di Gaia. Il tutto sembra un'allusione all'eccentrica teoria della Terra cava. [2] Il nastro tagliato è forse un adombramento del corso degli eventi che subiscono una subitanea interruzione: la storia deraglia su un altro binario o l'ologramma è distrutto. Finisce il tempo, almeno così come noi lo percepiamo e concepiamo. Una biforcazione segna l’avvenire. Il cambiamento è definitivo. E' un salto dimensionale correlato a fattori cosmici, all'allineamento con il centro della Galassia. La luce elettromagnetica, che inganna ed acceca, è ottenebrata dal bagliore dorato che promana dal centro. L'eclissi del sole esterno mostra il disegno reale del cosmo, l’”altrove assoluto”.
Tutto ciò è solo uno dei tanti obliqui espedienti degli Oscurati o è stata scritta la loro fine?
[1] David Icke afferma che Steve Jackson era al corrente dei progetti ideati dalle élites.
[2] "Per i sostenitori della Terra vuota, che organizzarono la famosa spedizione parascientifica dell’isola di Rugen, noi abitiamo l’interno di una sfera chiusa in una massa di roccia che si estende all’infinito. Noi viviamo attaccati alla superficie concava. Il cielo è al centro di questa sfera: è una massa di gas azzurrognolo con punti di luce brillante che noi scambiamo per stelle. Ci sono solo il Sole e la Luna, ma infinitamente meno grandi di quanto dicono gli astronomi ortodossi". (L. Pauwels, J. Bergier, Il mattino dei maghi, Milano, 1963, p. 343)
"Profondo nero" è un saggio-inchiesta scritto a quattro mani da Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, Milano, febbraio 2009. Gli autori, dopo aver compulsato atti processuali (basilari quelli del pubblico ministero Vincenzo Calia), articoli di giornale, dossiers e, sulla base di numerose testimonianze ed alacri ricerche personali, ricostruiscono gli oscuri retroscena di tre omicidi legati da un fil rouge: la morte di Mattei, l’assassinio del giornalista Mauro De Mauro, fratello del glottologo Tullio, e di Pier Paolo Pasolini.
"Erano gli anni Settanta. Il giornalista De Mauro stava preparando la sceneggiatura del film di Francesco Rosi sulla morte di Enrico Mattei, il presidente dell'E.N.I. che osò sfidare le compagnie petrolifere internazionali. Lo scrittore Pasolini stava scrivendo il romanzo "Petrolio", una denuncia contro la destra economica e la strategia della tensione, di cui il poeta parlò anche in un famoso articolo sul "Corriere della Sera". De Mauro e Pasolini furono entrambi uccisi. Entrambi avrebbero denunciato una verità che nessuno voleva venisse a galla e cioè che, con l'uccisione di Mattei, prende il via un'altra storia d'Italia, un intreccio perverso e di fatto eversivo che si trascina fino ai nostri giorni. Sullo sfondo si staglia il ruolo di Eugenio Cefis, ex partigiano legato a Fanfani, ritenuto dai servizi segreti il vero fondatore della P2. Il "sistema Cefis" (controllo dell'informazione, corruzione dei partiti, rapporti con i servizi segreti, primato del potere economico su quello politico) mette a nudo la continuità eversiva di una classe dirigente profondamente antidemocratica, così come aveva capito e cercato di spiegare Pasolini in Petrolio'".
Senza dubbio l'opera è consigliabile, poiché contribuisce a scoprire qualche altarino. Lettori fiduciosi nelle istituzioni vi potranno intravedere, con sgomento, i tentacoli del potere economico-finanziario. Cominceranno ad operare la distinzione (errata) tra stato ed anti-stato, tra servizi e servizi deviati, tra "buoni" e cattivi, tra un passato quasi intemerato ed il presente torbido. E' un primo passo: meglio che credere nelle banche al servizio dei risparmiatori ed ai politici che legiferano nell’interesse della collettività. Seguiranno altri passi? L’importante è non limitarsi a considerare gli intrecci, pur loschissimi, di petrolieri, amministratori nazionali e locali, malavitosi…
Altri, che sono al corrente di alcune trame oscure, vi troveranno la conferma del convincimento che lo stato è intimamente corrotto. Eppure, pur essendo un'indagine rivelatrice, i due autori si fermano al primo livello della cospirazione, l'ambito economico-politico con le sue varie ramificazioni nell'editoria, nel giornalismo, nella criminalità organizzata etc. Ci chiediamo: qualora Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza si fossero inoltrati nell'inferno del potere, ad una presentazione del loro libro sarebbe intervenuto un giornalista organico al sistema, come Sandro Provvisionato?
Come spesso avviene, gli autori lasciano un importante indizio in una delle note vergate in caratteri microscopici. Si accenna, infatti, al ruolo ambiguo che incarnò Aldo Semerari (Martina Franca, 1921 – Ottaviano, 1 aprile 1982) nelle sulfuree vicende che portarono all'assassinio di Pasolini. Semerari era un criminologo, psichiatra e politico italiano nonché diplomatico del Sovrano militare ordine di Malta.
Appartenente all'ala politica dell'estrema destra, tenne rapporti con parte della Banda della Magliana, con cui, attraverso il suo gruppo "Costruiamo l'azione", organizzò degli incontri nella villa di Rieti nell'estate 1978. Semerari voleva sfruttare la banda come braccio armato del gruppo politico. Il criminologo fu assassinato ad Ottaviano il giorno 1 aprile 1982 ed il suo corpo decapitato fu trovato in un'automobile.
Semerari era anche un esponente della loggia massonica P2 e strinse forti legami con il S.I.S.M.I. (i vecchi servizi segreti italiani), il che gli permise di trasferire dati alla Banda della Magliana.
L'informazione più preziosa, riportata in "Profondo nero", è relativa al trait d'union fra Sovrano militare ordine di Malta e Massoneria. Non crediamo che Semerari sia stato l'unico anello di congiunzione tra la Chiesa di Roma a le Logge. Di fronte al coinvolgimento di un illustre esponente della Massoneria, i lettori dovrebbero porsi delle domande e soprattutto concludere che influenti istituzioni cattoliche sono tutt'uno con il governo occulto ed i suoi nefandi piani. Ciò purtroppo non avviene e, nel migliore dei casi, si pensa che qualche esponente cattolico non manifesti una specchiata moralità, ma senza che ciò intacchi la bontà e la funzione imprescindibile della Chiesa di Roma. Errore grossolano: Babilonia la Grande, sia essa il cuore nero della cospirazione globale(su questo piano) o la meretrice di Sion, è istituzione profondamente radicata nel Male da molti secoli. Per lo meno cooptata dalle élites per perseguire la costruzione del Nuovo ordine mondiale, essa ha quasi del tutto smarrito i valori spirituali che pure tralucevano nel Medioevo tra le ombre cupe della simonia, della teocrazia e dell'inquisizione. E' significativo che, nonostante l'atmosfera da Basso Impero, le gerarchie cattoliche non siano neppure sfiorate dal fremito apocalittico, chiuse in una storia laica e desacralizzata.
Divenuto una banca, sotto le mentite spoglie di un ente di beneficenza (e sarebbe già uno snaturamento), il Vaticano opera come se nulla fosse. Lo stesso Benedetto XVI al corrente del signoraggio, lo benedice con Banca Intesa-San Paolo che è prima azionista della Banca d'Italia, filiale della Banca centrale europea, società di usurai. Che poi la funesta industria bellica Raytheon (Raggi degli dei) sia una costola del Vaticano è solo un altro insignificante particolare, una gocciolina sull'impermeabile che protegge dalle verità sconvolgenti. E' irrilevante e del tutto innocente pure la connessione tra Roma e N.A.T.O.
Con questi cenni al ruolo della Caput mundi, ci siamo internati un po' nel secondo livello: qui l'economia si scioglie come neve al sole. L'economia è mero strumento, mezzo, non fine. L'analisi marxista si immiserisce e vacilla. I fini sono altri: li definirei "spirituali", di una "spiritualità" invertita, satanica, ossia sono risultati di patti con il diavolo, il bugiardo che promette dominio per il dominio e una mortale "immortalità". Qui aleggiano esseri larvali, creature di dimensioni spaventevoli (il terzo livello): naturalmente sono solo superstizioni e deliri. Come pensare che il Vaticano sia "un accampamento di demoni", una succursale dell'Inferno, una bolgia sub divo? Credere a queste sciocchezze, quando non "crediamo" al signoraggio ed alle scie chimiche: l'immenso Paolo Attivissimo ha affermato che sono fandonie. Gli accordiamo totale fiducia!
Dunque anche il libro di Lo Bianco e Rizza è solo un romanzo di fantastoria, da leggere sulla chaise-longue, in riva al mare, tra un tuffo ed una partita a carte sotto l'ombrellone.